Il Giramondo su Twitter

    follow me on Twitter

    28/02/09

    Diario della settimana

    Spagna: domenica elettorale nei Paesi Baschi, dove il 1 marzo si voterà per il rinnovo del governo regionale. E i separatisti dell'Eta si sono fatti sentire attaccando le votazioni. Si tratta di elezioni "antidemocratiche" e di una "frode politica" dalle quali risultera' "un parlamento fascista", si legge nel comunicato che accusa di "collaborazionismo" i nazionalisti moderati del Pnv, il Partito nazionalista basco attualmente alla guida del governo regionale. Le elezioni di domenica saranno le prime dopo 30 anni senza nessuna sigla politica riconducibile all'Eta, il gruppo separatista responsabile di oltre 800 morti in decenni di attentati terroristici. Per la prima volta in 30 anni i sondaggi indicano una caduta di consensi per il Pnv e i suoi alleati nazionalisti dell'Ea e dell'Iu finora al governo. Salgono invece i socialisti del Psoe del primo ministro Jose Luis Zapatero che potrebbero ottennere l'appoggio del partito Popolare del leader dell'opposizione Mariano Rajoy, per un primo governo basco senza forze nazionaliste. Domenica elettorale anche in Galizia: si tratta del primo test per la tenuta del governo Zapatero dall'avvio della crisi economica.

    Israele: il primo ministro incaricato Netanyahu ha annunciato che le trattative per convincere il partito Kadima di Tzipi Livni ad entrare in un governo di unità nazionale sono ufficialmente fallite. ''Sono venuta per la seconda volta da Netanyahu - ha detto la Livni - per sentire quale sia la sua visione, quale strada intenda intraprendere. L'incontro si è concluso senza intese sulle questioni principali: quello politico (ossia dei negoziati, ndr) e la riforma istituzionale''. ''La formula dei 'due Stati per i due popoli' - ha proseguito la Livni - non è uno slogan privo di contenuto. Da parte sua un dirigente del Likud, Benny Begin (figlio del fondatore del partito, Menachem Begin) ha osservato che un accordo israelo-palestinese non è comunque prevedibile per il prossimo futuro. "Le perplessità della Livni sono in parte artificiose" ha detto Begin Jr. alla radio militare.

    Sierra Leone: Issa Sesay, Morris Kallon e Augustine Gbao, leader dei ribelli sierraleonesi del Revolutionary United Front (Rfu), sono stati giudicati colpevoli di crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi durante la guerra civile che tra il 1991 e il 2002 ha insanguinato il paese. Sebbene le pene inflitte saranno rese note solo a marzo, la Corte speciale di Freetown, appoggiata dalle Nazioni Unite, ha ritenuto i tre uomini responsabili di aver commesso e ordinato omicidi e stupri di massa, mutilazioni sistematiche, atti di terrorismo, attacchi contro i peacekeeper, riduzione in schiavitù e altri trattamenti inumani e di aver arruolato bambini soldato.

    Spagna: il ministro della Giustizia spagnolo, Mariano Fernandez Bermejo, ha annunciato le proprie dimissioni. Bermejo è stato negli ultimi giorni al centro di violente polemiche per avere partecipato ad una partita di caccia in Andalusia con il giudice Baltasar Garzon, titolare di una inchiesta su episodi di presunta corruzione in ambienti vicini al Partido Popular, il principale movimento di opposizione al premier Zapatero.. Il governo ha immediatamente nominato Francisco Caamano, attualmente segretario di Stato per le relazioni con il Parlamento, al posto del ministro.

    Austria: domenica elettorale in Carinzia e a Salisburgo. In Carinzia si tratta del primo test per i nazionalisti della BZÖ dopo la morte del suo leader e governatore della regione Jorg Haider, vittima lo scorso ottobre di un incidente d'auto. Il partito è attualmente guidato dal nuovo governatore Gerhard Dorfler e dalla vedova di Haider, Claudia.

    27/02/09

    Perù - L'ombra dei golpisti

    Secondo fonti della polizia, due giorni fa presunti membri di Sendero Luminoso - l'organizzazione rivoluzionaria di matrice maoista protagonista delle rivolte degli anni '80 - avrebbero minato con dell'esplosivo una torre elettrica nella provincia di Tingo Maria, a 600 km a nord est di Lima.
    Sendero Luminoso, negli anni '80 e '90, erano soliti far saltare i tralicci della corrente elettrica e camion bomba, provocando quasi 70.000 morti nel corso di oltre dieci anni di guerriglia.
    La zona della valle Huallaga, una delle principali produttrici di cocaina in Perù, è controllata da "Artemio", l'unico leader di Sendero Luminoso ancora in libertà. "Artemio" non ha accettato la tregua stabilita nel 1992 dal fondatore dell'organizzazione, Abimael Guzmán
    Il 10 Ottobre 2008, Sendero Luminoso era già tornata prepotentemente alla ribalta con un attacco a una colonna militare che aveva causato 19 morti. In quell'occasione le autorità avevano subito accusato l'organizzazione, che oggi, secondo alcuni osservatori, avrebbe stretto alleanze con il narcotraffico. "Sendero Luminoso" ha da parte sua rivendicato l'azione tramite il gruppo 'Base Mantaro Rojo'.
    Il 16 Novembre 2008, la guerriglia di Sendero Luminoso è poi tornata a colpire nella località andina di Luricocha, uccidendo tre poliziotti, proprio alla vigilia del vertice Apec. Nei recenti anni in cui l'organizzazione è stata ritenuta sconfitta dalle autorità peruviane, la dirigenza di Sendero Luminoso ha attuato una nuova strategia, a partire dal finanziarsi attraverso il narcotraffico, cosa questa che ha permesso un veloce riarmo e, stando ad alcune recenti informazioni, anche a un arruolamento di nuovi militanti, che ne hanno fortemente aumentato le fila, anche se non a livello di anni fa.

    Fonte: La Voz, Wikipedia

    26/02/09

    USA - Il primo discorso di Obama al Congresso

    Il presidente statunitense Barack Obama ha pronunciato il primo discorso alle Camere riunite, toccando i nodi più complessi che la politica Usa si troverà ad affrontare nei prossimi mesi.
    "Ricostruiremo", ha affermato il presidente a nel discorso seguito in tv a reti unificate da oltre 30 milioni di americani, lanciando non solo un nuovo messaggio di fiducia e speranza ai cittadini, ma anche un appello bipartisan per uno sforzo collaborativo, per "ricostruire insieme l'America che amiamo" e farla tornare a essere "la più grande forza di progresso e prosperità nella storia umana". Gran parte del discorso era incentrata sulla descrizione della manovra anticrisi varata dal Congresso democratico, il 'Recovery Act', che prevede il dimezzamento del deficit in quattro anni.
    Per Obama la crisi verrà superata grazie alla laboriosità degli americani, un popolo operoso e intraprendente, e grazie alla creatività degli imprenditori, i soggetti chiamati ad investire le risorse, necessarie per favorire la ripresa dei consumi e la crescita della economia. Fondamentale sarà il ruolo della ricerca scientifica e delle università per innovare il sistema produttivo.
    Nel suo discorso, improntato al rigore ed alla responsabilità, il presidente Obama ha ricordato le gravi responsabilità di Washington e di Wall Street per avere, in passato, tollerato la speculazione finanziaria e trascinato il paese in una gravissima crisi economica, che ricorda quella del 1929.
    Il discorso di Obama era stato preceduto, nella giornata di ieri, dalla audizione resa dinanzi alla commissione del senato per le attività bancarie dal presidente della Federal Reserve Ben Bernanke. Per il presidente della Federal Reserve Bernanke, nel corso di questo anno vi è stata una preoccupante contrazione della economia americana. Secondo Bernanke, per superare la crisi economica negli Usa è necessario restituire normalità al funzionamento dei mercati del credito e della finanza.
    Obama ha ribadito la filosofia del piano di stimolo e delle riforme promesse in campagna elettorale, in vista della presentazione del budget giovedì prossimo, che prevede nel lungo periodo il dimezzamento del deficit e prevedono indipendenza energetica, riforma della scuola e della mutua.
    Pochi gli accenni alla situazione internazionale, sempre con un richiamo ai valori ("L'America non tortura") e in nome di un nuovo impegno al "dialogo con il mondo". Crisi economica e crisi fiscale sono collegate, non è possibile rimettere in rotta il Paese senza affrontarle entrambi, ben consapevoli che l'emergenza di oggi viene da lontano e occorre por fine all'era di profonda irresponsabilità che ha portato l'America al punto in cui è oggi.
    La replica dei Repubblicani è stata affidata all'astro nascente del Gop, il giovane governatore della Lousiana Bobby Jindal, che ha accusato Obama di pessimismo e ha definito le politiche economiche del presidente «irresponsabili» perché basate su «spese e tasse». «La maniera per guidare una nazione non è quella di aumentare le imposte e mettere più potere nelle mani di Washington» ha accusato Jindal, chiedendosi polemicamente "chi fra noi chiederebbe ai nostri figli un prestito per spendere soldi che non abbiamo e acquistare cose che non ci servono?"

    25/02/09

    Libano - Shock per l'arresto di una spia

    Per 25 anni, Ali al-Jarrah è riuscito a vivere su entrambi i lati del conflitto libanese. Per amici e colleghi, era un leale sostenitore dei palestinesi e un affabile padre di famiglia che lavorava come preside di una scuola.
    Per Israele, pare sia stato una spia di valore, responsabile dell'invio di rapporti e fotografie sui gruppi di Hezbollah dal 1983.
    Adesso è chiuso in una prigione libanese, accusato di aver tradito il suo paese, e i suoi amici ed ex colleghi sono attoniti per la portata del suo inganno: i viaggi all'estero attentamente dissumulati, la quantità inspiegabile di soldi, la seconda moglie all'estero.
    L'arresto di Ali al-Jarrah mette in luce un mondo di spionaggio e sovversione che persiste in segreto in Libano e che coinvolge civili e sembra uscito da un romanzo di John Le Carrè.
    Dalla sua casa nel villaggio di Bekaa, al-Jarrah si recava spesso in Siria e nel sud del Libano per fotografare strade e convogli che potessero essere usati da Hezbollah, la milizia sciita. Comunicava con i suio superiori grazie a un telefono satellitare, e riceveva grandi quantità di denaro e apparecchiature da spionaggio per le sue operazioni. Di quando in quando, con la scusa di un viaggio di lavoro, si recava in Belgio o in Italia, dove riceveva un passaporto israeliano e poteva recarsi in Israele per dei briefing dell'intelligence.
    Nel 2006, quando scoppiò la guerra tra Israele e Libano, ufficiali israeliani chiamarono Ali al-Jarrah per rassicurarlo che i bombardamenti avrebbero risparmiato il suo villaggio.
    Ma l'intelligence di Hezbollah, che al momento ha messo in piedi un apparato di spionaggio e controspionaggio in grado di controllare tutto il paese, è infine riuscita ad individuare al-Jarrah e ad arrestarlo. La sua prima moglie, che probabilmente era all'oscuro di tutta la faccenda (compreso il secondo matrimonio) ha denunciato di aver subito torture dagli inquirenti, e ai giornalisti è stato impedito di intervistarla.
    Il premier israeliano Olmert ha declinato ogni commento sul fatto.

    Fonte: New York Times

    24/02/09

    Israele - Netanyahu propone le larghe intese

    Benjamin Netanyahu, alle prese con le consultazioni per la formazione del nuovo governo, subito dopo aver ricevuto l'incarico dal presidente Shimon Peres ha dichiarato di voler tentare di creare una coalizione che comprenda oltre al Likud anche Kadima e il partito laburista, e per questo ha incontrato domenica e lunedì i leader dei due partiti, Tzipi Livni e Ehud Karak.
    I due incontri, in particolare quello con la Livni, sono stati interlocutori, e per ora sembra molto difficile l'ipotesi di un governo di larghe intese che, oltre ai tre partiti interessati, comprenda anche la formazione ultranazionalista di Avigdor Lieberman, diventata il terzo partito di Israele alle scorse elezioni.
    La Livni già dall'inizio aveva detto di non voler partecipare ad un governo Netanyahu, anche se si era dichiarata possibilista sull'ipotesi di una rotazione con il rivale, e nell'incontro di domenica ha detto al premier in pectore che non entrerà in nessun governo che non riconosca la validità degli accordi internazionali raggiunti con i palestinesi, ovvero "due popoli, due stati". In pratica ha messo un veto sulla partecipazione di Yisrael Beiteinu di Lieberman. "Porterò Kadima all'opposizione" ha detto la Livni subito dopo l'incontro "Netanyahu mi ha chiesto un'altra riunione la prossima settimana e ho accettato, ma per quel che mi riguarda non è cambiato niente".
    Barak è stato anche più netto, ed ha escluso tassativamente di entrare nel governo di Netanyahu, affermando di voler rispettare il verdetto degli elettori che hanno relegato il partito Laburista all'opposizione.
    Netanyahu ha detto che incontrerà di nuovo i due leader nel corso della settimana, e che tenterà tutte le strade possibile per averli nel suo governo.
    Intanto il primo ministro uscente Ehud Olmert ha esortato il premier incaricato Benyamin Netanyahu a formare "velocemente" il nuovo governo e ha fatto appello a quanti sono coinvolti nei negoziati sulla coalizione perché agiscano in modo rapido ed efficace.

    Fonte: Haaretz

    23/02/09

    Vista da lontano - La sinistra italiana ha trovato il suo Obama?

    di Jeff Israely (TIME)

    Gli italiani di solito non sono bravi ad aspettare in fila. Quando si va alla posta o in banca può aiutare avere buoni gomiti e voglia di superare gli altri. Salire sull'autobus o sul treno può assomigliare a una mischia di rugby. Ma quando arrivano i grandi momenti della vita - un avanzamento di carriera, una idea da lanciare, lasciare la casa dei genitori - l'Italia è affetta da un eccesso di pazienza. Questo è vero soprattutto in politica, dove la gerontocrazia e le regole non scritte dei partiti convincono i giovani con la falsa promessa che, aspettando per qualche anno, verrà il loro turno. Ma quando finalmente ce la fanno, i leader che un tempo aspiravano (e ispiravano) hanno ormai perso il loro appeal e le nuove idee che avevano.
    Ciò di cui la politica italiana ha disperatamente bisogno è qualcuno che salti la fila, e forse ha trovato l'uomo giusto. Il 16 febbraio Matteo Renzi, 34 anni, ha sconfitto due figure dell'establishment del Partito Democratico nelle primarie per la carica di sindaco di Firenze. E' la seconda volta che Renzi si è spinto sulla linea del fronte. Cinque anni fa, appena 29enne, sconfisse rivali di esperienza diventando presidente della Provincia di Firenze, un ruolo meno influente ma occupato spesso da uomini più in là con gli anni.
    L'ascesa di Renzi arriva in un momento difficile per il Partito Democratico, il maggiore oppositore del governo di centro-destra di Silvio Berlusconi. A livello nazionale il partito è in crisi, diviso in lotte intestine e incapace di mettere da parte ciò che resta delle passate ideologie. Questa settimana il leader del partito Walter Veltroni si è dimesso, e Berlusconi ha commentato dicendo di essere abituato a "non avere opposizione".
    Renzi è l'opportunità di cambiamento. Renzi è il favorito nelle elezioni comunali di giugno a Firenze, città tradizionalmente di sinistra. "Se diventa sindaco di Firenze, diventa la speranza" commenta un insider del partito "C'è chi dice di aver visto in lui il futuro della politica italiana, l'Obama italiano".
    Figlio di un piccolo imprenditore toscano, Renzi ha concentrato i suoi sforzi nel migliorare i servizi e l'efficienza della provincia.
    Cattolico praticante, Renzi ha detto che non permetterà al Vaticano di guidare la sua politica. Nelle primarie ha organizzato un classico sostegno "dal basso" usando Internet, Facebook e altre tattiche ispirate da Obama. "Sono un politico" dice di sè "non faccio miracoli, tento solo di far funzionare meglio l'amministrazione, giorno dopo giorno".
    A volte esuberante e con la faccia da bambino, Renzi è stato intervistato da Time già la scorsa estate, a commento della corsa di Obama "Tutti mi dicevano di stare calmo, che la mossa migliore era candidarmi per un altro mandato alla Provincia. Ho detto "no grazie, mi candido a sindaco". Un leader del partito in Toscana mi ha detto chiaro e tondo "Rispetta la fila, ragazzino, aspetta il tuo turno", ma io ho detto no".
    Dopo le dimissioni di Veltroni, i leader Democratici si sono riuniti a Roma per discutere del futuro. Il partito non ha strategie per sconfiggere Berlusconi nè idee nuove per l'Italia. Forse è il momento di pensare l'impensabile e sperare che Renzi scavalchi la fila di nuovo.

    © 2009 Time Inc. All rights reserved

    21/02/09

    Diario della settimana

    Israele: il presidente israeliano Shimon Peres ha conferito a Benjamin Netanyahu il compito di formare il nuovo governo. Nonostante il partito di Netanyahu, il Likud, abbia ottenuto un seggio in meno rispetto a Kadima nelle elezioni del 10 febbraio, il premier incaricato sembra in grado di metter in piedi una coalizione con la maggioranza dei voti della Knesset, alleandosi con gli ultranazionalisti di Avigdor Lieberman e con altre formazioni di destra. Netanyahu ha 42 giorni per formare il nuovo governo, e non è escluso che faccia un tentativo di includere anche Kadima, ma Tzipi Livni ha già fatto sapere che non intende collaborare con il leader del Likud. La Livni si era dichiarata disponibile ad un governo di larghe intese alla cui guida si sarebbero alternati lei e Netanyahu, ma il suo avversario ha rifiutato l'ipotesi. A questo punto Peres non ha potuto far altro che conferire l'incarico a chi dei due aveva maggiori possibilità di formare un governo stabile.

    Guadalupe: la situazione si sta facendo esplosiva nei territori francesi dei Caraibi, Guadalupe e Martinica, così come anche nell'isola africana La Reunion. La causa delle rivolte è la condizione di vita sempre più difficile e la povertà dilagante, che ha portato le manifestazioni sindacali a degenerare in disordini sempre più gravi, in cui è anche stato ucciso un rappresentante sindacale e feriti diversi poliziotti. Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha promesso di impiegare nuove risorse statali in favore delle persone colpite dalla crisi economica mentre l'esplosione di violenza nell'isola francese di Guadalupa aumenta la preoccupazione di possibili rivolte anche in Francia.

    USA: polemiche per una vignetta del "New York Post", il quotidiano conservatore di proprietà di Rupert Murdoch e vicino agli ambienti della destra repubblicana. A seguito dell'accidentale uccisione di uno scimpanzè da parte della polizia in Connecticut, la tradizionale vignetta di Pagina 6 raffigura due poliziotti davanti alla scimmia morta. Uno dei due si chiede "E adesso dovranno trovare qualcun altro che firmi la prossima legge sullo stimolo economico", riferendosi alla legge appena approvata e fortemente voluta dal presidente Obama. Il parallelismo scimmia=Obama ha fatto piovere sul quotidiano le immancabili accuse di razzismo, a cui il Post ha risposto spiegando che la vignetta voleva solo criticare il fatto che il piano economico sia scritto male, e non paragonare il presidente a una scimmia.

    Vaticano:La Santa sede ha chiesto e ottenuto un intervento delle autorità di Israele per far oscurare un programma televisivo in onda su una emittente privata israeliana, Canale 10. Nella trasmissione contestata, il comico Lior Schlein ha ironizzato sui vescovi lefebvriani negazionisti facendo satira sui dogmi del cristianesimo visti in chiave negazionista, a partire dalla verginità della Madonna e dai miracoli di Gesù. Il siparietto ha sollevato le proteste della comunità cristiana e il responsabile della rete ha immediatamente chiuso il programma del comico.

    Egitto: le autorità egiziane hanno inaspettatamente rilasciato il leader dell'opposizione politica Ayman Nour dopo oltre tre anni di detenzione a causa di accuse che lui ha definito basate su ragioni politiche. Unico uomo politico egiziano che abbia mai sfidato Hosni Mubarak ad una elezione presidenziale fu condannato a cinque anni di carcere. Solo dopo pochi mesi dalle elezioni, Nour fu incriminato per aver falsato circa duemila firme sulle liste.

    20/02/09

    Russia - Senza colpevoli la morte di Anna Politkovskaia

    La giustizia russa ha assolto con voto unanime tre uomini accusati di aver ucciso Anna Politkovskaïa, la giornalista di "Novaya Gazeta" uccisa a Mosca il 7 ottobre 2006.
    La Politkovskaïa era una delle principali voci della stampa contro l'allora presidente Vladimir Putin e la sua gestione della situazione in Cecenia, con sistematiche violazioni dei diritti umani.
    Le indagini, su cui si sono concentrate molte critiche per non aver chiarito i molti punti oscuri del delitto, hanno infine portato all'arresto di tre sospettati: Sergei Khadzhikurbanov, ex dirigente della polizia moscovita e già in servizio per il ministero dell'interno, accusato di aver ingaggiato gli esecutori, i fratelli ceceni Dzhabrail e Ibragim Makhmudov, accusati di essere stati gli esecutori del crimine assieme al loro fratello Rustan. A loro si era aggiunto il colonnello Pavel Riaguzov dell'Fsb, i servizi segreti centrali, principale erede del Kgb sovietico, che era stato incriminato per abuso d'ufficio ed estorsione. Resta ricercato all'estero Rustan Makhmudov, indicato come il killer. I mandanti sono rimasti misteriosi e a questo punto, con le indagini che dovranno ripartire da capo, è probabile che resteranno tali.
    La pubblica accusa ha immediatamente dichiarato il ricorso in appello. I dodici giurati, dopo tre ore di camera di consiglio, hanno ritenuto non provate le responsabilità degli imputati.

    18/02/09

    USA - La crisi "condanna" la pena di morte

    La crisi economica sta costringendo molti Stati americani a rivedere tutte le voci nei loro budget per cercare di tagliare spese laddove possibile. E se chi, come Arnold Schwarzenegger in California, cerca di evitare la bancarotta chiudendo alcune agenzie statali e annunciando un piano di licenziamento dei dipendenti pubblici, altri stati hanno iniziato a prendere in considerazione l'ipotesi di abolire la pena di morte.
    Laddove non ha potuto la moratoria approvata dall'Onu e gli appelli di leader religiosi e dei movimenti civili, potranno avere successo i meri motivi economici?
    E' presto per dirlo, ma è certo che alcuni dei 36 stati in cui la pena capitale fa ancora parte del sistema giudiziario sono allettati dall'idea di eliminare dal bilancio tutte le costose voci che vanno dalle misure di sicurezza straordinarie ai bracci della morte super-costosi.
    A pensarci sono soprattutto questi stati in cui sono state realizzate poche esecuzioni negli ultimi trent’anni e in cui, come dire, il numero di condanne non è abbastanza da "ammortizzare" i costi che vengono comunque sostenuti. I risparmi potrebbero essere considerevoli: portare un condannato al cospetto del boia può costare - al termine di lunghi e complicati processi in cui gli accusati sono spesso difesi da avvocati pagati dallo Stato- anche dieci volte in più che tenerlo in galera a vita. Tutto questo, ovviamente, senza contare la scarsa efficacia della pena di morte come deterrente.
    Ad esempio nel Kansas, dove è stata eseguita una sola esecuzione dal 1976, ci sono 9 persone in attesa d’esecuzione; e gli attivisti del Death Penalty Information Center hanno calcolato che il costo di un detenuto nel braccio della morte è il 70 per cento superiore rispetto che in una cella normale. La voglia di risparmiare non conosce divisioni di partito, e infatti è stata proprio una senatrice repubblicana dello Stato, Caroline McGinn, a presentareuna legge per proibire la pena di morte a partire da luglio. Il Procuratore Generale dello Stato, Steve Six, si è scagliato contro questa ipotesi ricordando che la regolamentazione della pena di morte in Kansas è tra le "più responsabili" al mondo. La polemica nello stato potrebbe diventare più calda nei prossimi mesi perchè proprio in questo periodo un tribunale ha comminato una nuova condanna a morte, la prima dal 1994, contro un uomo accusato di stupro e omicidio.
    In Maryland la situazione sembra più tranquilla, e una commissione del Senato statale prenderà presto in esame una proposta di legge sull'abolizione della pena di morte sostenuta con voti bipartisan.
    Lo stesso sta per avvenire in New Mexico, dove il Governatore Bill Richardson, che in passato si era dichiarato contrario all'abolizione della pena capitale, potrebbe invece firmare a giorni una proposta di legge che sostituisce la pena di morte con il carcere a vita senza possibilità di libertà vigilata.

    17/02/09

    Argentina - In un video l'agonia dei due scalatori italiani

    Il quotidiano argentino Clarin pubblica sul suo sito un video riguardante i soccorsi prestati ai due scalatori italiani Elena Senin e Federico Campanini, morti poche settimane fa sull'Aconcagua, la montagna più alta della cordigliera delle Ande.
    Il video, molto drammatico, mostra in particolare il momento in cui Campanini, che era la guida della spedizione ed aveva una vasta esperienza nel campo, è stato letteralmente abbandonato dai soccorritori.
    Durante la tormenta di neve che aveva sorpreso la spedizione italiana, Campanini ha chiamato aiuto ma i soccorritori sono arrivati quando Elena Senin era già morta per ipotermia e la guida era in condizioni molto gravi.
    I soccorritori hanno portato in salvo gli altri tre scalatori italiani presenti, ma vedendo che Campanini, pur se ancora vivo, non era in grado di reggersi in piedi, lo hanno abbandonato nella neve.
    Nel video si vedono i soccorritori provare in tutti i modi a trascinare Campanini, usando anche sistemi poco ortodossi. L'uomo è stremato, fa di tutto per camminare, ma non ce la fa: cade nella neve. I soccorritori tentano di muoverlo, lo trascinano tirando la corda. Oltre alle immagini, si sentono anche le imprecazioni dei soccorritori, che arrivano ad insultare l'uomo, forse per la frustrazione o forse per cercare di scuoterlo.
    Fatto sta che, dopo alcuni tentativi, Campanini è stato abbandonato a quasi 7.000 metri di altezza a morire di freddo, e ora il padre del ragazzo ha annunciato che sporgerà denuncia contro le autorità argentine.

    Fonte: Clarin

    16/02/09

    Venezuela - Chavez vince il referendum

    Al secondo tentativo, il presidente venezuelano Hugo Chavez è riuscito a far approvare dalla maggioranza del suo paese una riforma costituzionale che abolisce il numero massimo di mandati per le principali cariche elettive e che quindi gli permetterà di ricandidarsi per quante volte vorrà.
    Il primo tentativo, a dicembre del 2007, non era andato a buon fine in quanto i venezuelani avevano respinto la proposta, ma Chavez non si è dato per vinto, e passati 15 mesi è ritornato alla carica ed ha ottenuto una netta vittoria, 54% contro il 45% dei no. Appena ufficializzato il risultato, Chavez ha annunciato che nel 2012 si ricandiderà per un terzo mandato di sei anni "Oggi abbiamo aperto i cancelli per il futuro" ha affermato il presidente affacciato al balcone della sua residenza.
    I sostenitori di Chavez affermano che l'abolizione del limite di mandato permetterà al Venezuela di essere una democrazia compiuta e di decidere per quanto tempo rieleggere uno stesso leader. Di parere contrario è l'opposizione, che teme a questo punto un ritorno all'autoritarismo, con elezioni trasformate in pure formalità.
    Il New York Times, in un editoriale di oggi, affronta invece le conseguenze di questo risultato per la politica estera dell'amministrazione Obama. Il rafforzamento di Chavez, un leader che ha costruito le sue fortune contrapponendosi in maniera decisa e provocatoria agli Usa, apre una nuova sfida per il nuovo presidente americano, soprattutto per quanto riguarda il petrolio, di cui il Venezuela è uno dei maggiori produttori nell'area.

    USA/ Panetta: mai più extraordinary rendition

    Nelle dichiarazioni rivolte alla commissione del Senato americano durante la seduta di conferma della sua nomina a direttore della CIA, Leon Panetta ha affermato senza mezzi termini che non autorizzerà più l'uso della "extraordinary rendition", come accaduto sotto l'amministrazione Bush.
    L'extraordinary rendition è quella pratica che ha permesso in alcuni casi agli agenti statunitensi di portare all'estero i detenuti sospettati di terrorismo per condurre interrogatori ai limiti con la tortura in carceri segrete. Portando i prigionieri all'estero gli agenti americani hanno potuto spesso utilizzare le leggi dei Paesi che ospitano le prigioni. Questa misura è divenuta abituale durante gli ultimi anni nelle indagini dei servizi segreti contro presunti terroristi, e ha permesso di aggirare la Costituzione americana che prevede il divieto di torturare i prigionieri.
    Secondo l'attuale direttore della Cia, Micheal Hayden, l'amministrazione di George W. Bush vi sarebbe ricorsa almeno in 100 casi alla extraordinary rendition. Il senatore repubblicano Kit Bond ha sostenuto invece che anche Bill Clinton portò almeno 80 detenuti nelle carceri all'estero allo stesso scopo.
    Il nuovocapo della Cia, la cui conferma da parte del Senato è arrivata la scorsa settimana, ha inoltre parlato di "waterboarding", la discussa pratica di interrogatorio assimilata da molti alla tortura e che Panetta ha ribadito che non sarà usata. Tuttavia, gli agenti che l'hanno praticata in passato non saranno processati. Saranno presi provvedimenti solo nei casi in cui sia accertata una violazione della legge, che sotto l'amministrazione Bush prevedeva una ampia tolleranza di pratiche "estreme" di interrogatorio. I casi accertati di "waterboarding" applicato da parte dell'amministrazione Bush sono almeno tre.
    La dichiarazione di Panetta fa chiarezza su uno dei punti critici della nuova politica americana, dopo che Obama ha annunciato la chiusura di Guantanamo ma non ha esplicitamente proibito le operazioni clandestine degli agenti segreti all'estero, suscitando le proteste di Amnesty International. Panetta non ha comunque escluso che, in casi particolari, si arrivi a metodi più duri anche in contraddizione con la dottrina Obama.

    14/02/09

    Diario della settimana

    Svizzera: gli svizzeri hanno detto sì alla libera circolazione dei lavoratori tra l'Ue e la Sveizzera. Mentre i sondaggi prevedevano un risultato sul filo di lana, un netto 59,6 % degli elvetici ha approvato il rinnovo dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone tra Svizzera e Unione europea e la sua estensione a Romania e Bulgaria. Per la destra nazional-conservatrice che aveva promosso il referendum contro l'Accordo la sconfitta è cocente.
    In Svizzera un franco su tre è guadagnato grazie alle relazioni con l'Ue. Il "sì" degli Svizzeri non spalanca le porte della libera circolazione a Bulgaria e Romania, che avverrà solo gradualmente.

    Australia: dopo giorni di roghi e danni incalcolabili, la pioggia e le temperature più miti hanno aiutato le migliaia di vigili del fuoco e volontari a domare i 21 grandi incendi nello stato di Victoria. Grazie alla clemenza del clima è stata possibile la costruzione di linee di contenimento e lavori di preparazione per il previsto ritorno di alte temperature. Il bilancio ufficiale dei morti rimane a 181, ma le autorità temono che la cifra finale possa superare i 300. I roghi hanno ridotto in cenere oltre 450mila ettari di vegetazione e più di 1.000 fra case e negozi.
    Alla tragedia umana degli incendi che negli ultimi giorni hanno devastato centinaia di migliaia di ettari di vegetazione nel sudest dell'Australia, si aggiunge quella che ha colpito la fauna nativa. Secondo gli esperti gli animali morti sono nell'ordine dei milioni.
    Un presunto piromane è finito in manette con l’accusa di incendio doloso. Fermato nello stato di Victoria, l’uomo è stato subito trasferito a Melbourne, in attesa del processo. Il presunto priomane sarà convocato il 16 febbraio davanti al tribunale di Melburne, e rischia fino a 25 anni di prigione.

    Zimbabwe: dopo un anno di trattative, di scontri, di minacce, di arresti lo Zimbabwe ha un nuovo governo. Un governo di coalizione, più o meno equamente diviso tra lo Zanu-Pf di Robert Mugabe e l'Mdc di Morgan Tsvangirai, con il contributo della fazione Mdc-Mutambara. Un ruolo fondamentale nelle trattative è stato ricoperto dal Sudafrica che, spaventato delle conseguenze che il vuoto di potere del suo vicino poteva e sta provocando all'interno dei suoi confini, ha imposto un limite alle discussioni e fissato l'11 febbraio come data per la formazione ufficiale del governo. Il leader dell'opposizione, vero vincitore delle elezioni del marzo scorso, ha accolto l'armistizio proposto dal suo grande rivale, il presidente Robert Mugabe.

    USA: Judd Gregg, senatore Repubblicano preso in considerazione per il posto di Segretario al Commercio nell'amministrazione Obama ha ritirato la propria candidatura. "E' diventato chiaro che questo lavoro non fa per me in quanto le divergenze con il Presidente su temi come il piano di stimolo economico sono insormontabili".
    Il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, ha accettato le dimissioni ricordando perl che "E' stato il Senatore Gregg a contattare il Presidente e a proporsi come Segretario al Commercio. E' stato molto chiaro nel dire che, nonostante il passato disaccordo sul programma, avrebbe accolto e sposato l'agenda del Presidente. Ci dispiace che abbia cambiato idea".
    Gregg avrebbe ricoperto il posto per cui inizialmente era stato selezionato Bill Richardson, ritiratosi per alcune controversie legali.

    Francia: Air France-KLM, la maggiore compagnia aerea europea, ha in previsione un taglio di 2000 posti di lavoro. Il gruppo ha comunque precisato che non ci saranno licenziamenti e che la riduzione del personale avverrà senza che vengano rimpiazzate le persone che lasceranno la società. Per raggiungere l'obiettivo di un utile operativo nel 2009 Air France-KLM taglierà le spese per 1,2 miliardi di euro. Ad incidere sui dati negativi dell'ultimo trimestre e' stato soprattutto il calo nel settore Cargo.

    13/02/09

    UE - L'Europa scarica la Turchia?

    C'è una barzelletta che circola in Turchia, soprattutto tra chi vorrebbe vedere il paese entrare nell'Unione Europea: quando la Bulgaria doveva entrare nell'UE, la domanda ai rappresentanti bulgari fu "In che anno è iniziata la prima guerra mondiale?". La Bulgaria riuscì a entrare. Quando fu il turno della Romania, la domanda fu "In che anno è finita la prima guerra mondiale?2. La Romania riuscì a entrare. Poi è stato il turno della Turchia, e adesso la domanda è "Quante persone sono morte nella prima guerra mondiale, e quali erano i loro nomi?".
    A giudicare dagli ultimi colloqui al Parlamento europeo, adesso la barzelletta dovrebbe essere cambiata in quanto ai turchi sarebbe chiesto di dire anche gli indirizzi e i numeri di telefoni delle vittime della guerra.
    La scorsa settimana, infatti, Strasburgo ha votato per imporre regole ancora più stringenti per l'ingresso di Ankara nell'Unione - tra cui una piena ammissione delle responsabilità nel genocidio degli armeni e un riconoscimento del governo greco di Cipro. Intanto l'Austria chiede che alla Turchia venga riconosciuto uno status di "alleato privilegiato" in caso di mancato accordo.
    In Turchia anche i maggiori sostenitori dell'ingresso nell'UE cominciano a dubitare che verrà mai il loro momento.
    La richiesta del Parlamento Europeo di un pieno riconoscimento turco del genocidio armeno, secondo l'affarista turco-ebreo Isahak Alaton, è controproducente "Certi tabù stanno per essere superati in Turchia. Le richieste europee rischiano di avvelenare un onesto dibattito sul passato". Alaton si riferisce al fatto che pochi giorni fa, per la prima volta nella storia turca, si è tenuta una conferenza in cui sono stati permessi interventi che sfidano pubblicamente le posizioni ufficiali sull'argomento. Solo l'organizzazione della conferenza ha richiesto mesi di polemiche politiche, e il premier Erdogan è dovuto intervenire pubblicamente a favore degli organizzatori e contro una ingiunzione di un'amministrazione locale che aveva tentato di sospendere l'evento. Il ministro degli Esteri Abdullah Gül, che nel frattempo era ad una riunione dell'ONU a New York, ha inviato un messaggio inaugurale alla conferenza e si è augurato un miglioramento dei rapporti tra turchi e armeni.
    Tutto questo però non ha avuto effetti nè sull'UE, nè sui governi di Germania e Austria, che hanno esplicitamente detto di preferire che la Turchia rimanga fuori dall'Unione. Gül ha invece detto che non accetterà nessun negoziato che non abbia come fine un pieno ingresso della Turchia. Perciò, se la proposta austriaca di "alleana privilegiata" venisse accolta dall'UE, Gül e gli altri negoziatori lascerebbero il tavolo delle trattative.

    Fonte: Der Spiegel

    11/02/09

    Le elezioni in Israele stroncano le speranze di pace

    di Tim McGirk (TIME)

    Le elezioni di martedì in Israele si sono concluse in pratica con un pareggio e i due principali candidati - Tzipi Livni del partito centrista Kadima e Banjamin Netanyahu dei falchi del Likud - si dichiarano entrambi vincitori.
    Questo risultato potrebbe rivelarsi il peggior esito possibile per Israele, preludendo a settimane di agitazione politica e annullando i tentativi dell'amministrazione di Barack Obama di riaprire i negoziati di pace in Medio Oriente. Chiunque salga al potere, dovrà infatti fare i conti con una coalizione di governo combattiva. Nel passato, i piccoli partiti hanno tenuto in ostaggio governi di destra e di sinistra dettando l'agenda.
    In quanto partito di maggioranza relativa, Kadima cercherà di ottenere dal presidente Shimon Peres un mandato per formare quello che la Livni chiama "un governo di unità nazionale formato da Kadima e dai grandi partiti di destra e sinistra". E' un'opzione logica, ma la Livni non ha il sostegno degli altri partiti. Per cominciare, dovrebbe convincere Netanyahu a unirsi a lei. I due partiti condividono gran parte del programma e dell'ideologia - Kadima è nata da una costola moderata del Likud - e in teoria potrebbero formare insieme un solido governo di centro-destra. Ma l'antagonismo dei due leader rende un accordo molto difficile: Netanyahu, ad esempio, ha rifiutato ogni dibattito pubblico con la Livni, ed entrambi non si sono risparmiati in attacchi personali.
    Netanyahu, che ha già guidato il Paese, afferma che sarà lui il prossimo premier. Potrebbe avere ragione, perchè ha le migliori possibilità di mettere insieme una coalizione di destra con i piccoli partiti religiosi e gli ultranazionalisti di Yisrael Beitenu, diventati il terzo partito davanti ai laburisti. [...]
    La svolta a destra è uno schiaffo alle speranze del presidente Obama di una pace duratura tra il prossimo governo israeliano, i palestinesi e i confinanti arabi. Netanyahu e il leader di Yisrael Beitenu Avigdor Lieberman spingono per un'espansione degli insediamenti di coloni, quando una delle condizioni poste dai palestinesi è il ritiro dai territori occupati. Inoltre vogliono tornare a Gaza e spazzare via Hamas con ogni mezzo.
    Il tentativo della Livni di diventare il primo premier donna dopo Golda Meir sembra un'impresa disperata. Se Netanyahu rifiuterà il governo di unità nazionale, l'unico modo per avere una maggioranza sarà convincere Lieberman a entrare nel governo. Ma questo, qualora accadesse, potrebbe allontanare i partiti arabi, che contano 11 seggi, e gli stessi laburisti. Gli elettori arabi si sono presentati al voto in massa dopo che Lieberman ha proposto in campagna elettorale che tutti gli arabi di Israele giurino fedeltà al Paese se vogliono conservare la cittadinanza, ed è quindi improbabile che accettino di allearsi proprio con Yisrael Beitenu.
    Chiunque riceverà il mandato da Peres - e sarà probabilmente Netanyahu - avrà 42 giorni per formare una coalizione. Le trattatice saranno presumibilmente molto lunghe, e il premier uscente Olmert rimarrà al suo posto fino ai primi di aprile. Israele aveva bisogno di un leader forte, e invece si ritrova in un lungo periodo di disarmo politico.

    © 2009 Time Inc. All rights reserved

    10/02/09

    Lo scrutinio elettorale israeliano in diretta

    Israele/ Kadima in testa negli exit poll

    Tre diversi exit poll delle principali televisioni israeliane danno Kadima primo partito, seguito a brevissima distanza dal Likud. Il testa a testa delle ultime settimane è stato quindi confermato, così come il progressivo recupero di Kadima, e la perdita di consensi del Likud a beneficio degli ultranazionalisti di Yisrael Beiteinu.
    Secondo gli exit poll, Kadima di Tzipi Livni conquisterebbe 29 o 30 dei 120 seggi della Knesset, il Likud di Netanyahu 27 o 28, Yisrael Beiteinu 14 o 15 e i laburisti di Ehud Barak raggiungerebbero il peggior risultato della loro storia con 13 seggi.
    Nonostante la leadership. la Livni potrebbe avere dei problemi a formare il nuovo governo, perchè assieme agli alleati del blocco di centro-sinistra avrebbe solo 56 o 57 seggi, mentre il Likud, alleandosi con Yisrael Beiteinu di Lieberman e con gli altri partiti di destra raggiungerebbe 63 o 64 seggi, una maggioranza risicata ma pur sembre sufficiente per governare.
    La Livni, che già nei mesi scorsi aveva inutilmente provato a costruire una coalizione di governo dopo le dimissioni di Olmert, si è già dichiarata vincitrice e ha annunciato che formerà il prossimo governo, ma lo stesso ha fatto Netanyahu, a conferma del fatto che non sarà facile trovare un vero vincitore. Resta in piedi l'ipotesi di un governo allargato che comprenda i due principali partiti, anche se le differenze nei programmi sembrano insormontabili.

    Israele alle urne

    Oggi è il giorno delle elezioni anticipate in Israele per il rinnovo del parlamento nazionale, la Knesset, dopo il fallito tentativo di Tzipi Livni di formare un nuovo governo di coalizione a seguito delle dimissioni del premier Olmert.
    Il sistema elettorale israeliano si basa su un modello proporzionale con soglia di sbarramento al 2% per concorrere all’attribuzione dei seggi. Possono presentare liste di candidati solo partiti che siano regolarmente iscritti presso l’apposito pubblico registro, riconoscano il diritto di esistenza dello Stato di Israele quale Stato del popolo ebreo e la sua natura democratica, non incitino al razzismo, non sostengano la lotta armata contro Israele condotta da uno Stato nemico o da un’organizzazione terroristica (Fonte: Lumsa).
    L'ultimo sondaggi pubblicato prima del silenzio elettorale, venerdì scorso, ha mostrato un sensibile recupero da parte dell'attuale partito di maggioranza relativa, Kadima, anche se la principale formazione di opposizione, il partito di destra Likud, è ancora in vantaggio.
    Poche settimane fa, prima dell'attacco israeliano a Gaza, il Likud dell'ex premier Benjamin Netanyahu sembrava avere la vittoria in tasca, me il partito della Livni ha recuperato terreno e adesso sarebbe dietro il rivale di pochi soli due seggi parlamentari.
    In ogni caso, chiunque ottenga la maggioranza relativa dei voti dovrà per forza formare una coalizione per poter avere la maggioranza assoluta dei 120 seggi della Knesset, e in questo caso è il Likud ad avere un chiaro vantaggio grazie all'ottimo risultato previsto per il partito estremista di destra Yisrael Beiteinu, guidato da Avigdor Lieberman (foto), che rappresenta soprattutto gli ex emigrati del blocco orientale e fin dalla sua fondazione sostiene la linea dura nei confronti degli arabo-israeliani e dei palestinesi. Lieberman ha detto recentemente che contro Hamas Israele dovrebbe usare lo stesso trattamento riservato dagli americani ai giapponesi nel 1945. Il partito, nonostante le sue posizioni oltranziste attualmente sostiene il governo moderato di Kadima e dei laburisti, ma al prossimo giro potrebbe allearsi con il Likud. Yisrael Beiteinu, che alle scorse elezioni aveva ottenuto 11 seggi, stavolta viene dato a 18, risultato che porterebbe il partito laburista di Ehud Barak, con soli 14 seggi, ad essere relegato per la prima volta nella sua storia al ruolo di quarto partito della Knesset.
    Se questi dati sarebbero confermati, l'unica coalizione possibile per la Livni sarebbe quella formata con Lieberman e con i laburisti, ovvero una riproposizione di quella attuale, altamente instabile. A Netanyahu invece potrebbe bastare un'alleanza con Lieberman, ma se dovesse conquistare meno di 30 seggi anche questa coalizione sarebbe instabile, soggetta alle richieste del partito estremista, con Lieberman che chiederebbe per sè un ministero di peso - Difesa, Finanze o Esteri.

    09/02/09

    Vista da lontano - Il "pagano" Berlusconi diventa l'uomo della provvidenza

    da El Pais

    Il drammatico caso di Eluana Englaro passerà alla storia d'Italia. Non solo per le ragioni più drammatiche, ma soprattutto per la miracolosa trasformazione che ha operato nel primo ministro più liberale e mondano (secondo una sua stessa definizione) che il paese abbia mai avuto. Sivlio Berlusconi, divorziato, donnaiolo, adultero confesso e accumulatore di potere e ricchezze senza fine, ha visto la luce. In 17 anni non aveva mai pronunciato in pubblico una sola parola sulla Englaro. In 48 ore, si è convertito nel più grande agitatore pro-life in un paese in cui questo tipo di voci abbondano.
    Calato nel nuovo personaggio, Berlusconi ha attaccato tutto ciò che gli è capitato a tiro. I medici che quel giorno hanno sospeso l'alimentazione artificiale ad Eluana, accusati di "crudeltà". Chi gli chiedeva di rispettare la sentenza emessa dalla Cassazione, accusato di far parte di "una cultura della morte e dello statalismo" (mentre lui rappresenta "la cultura della vita e della libertà"). E il padre della ragazza, a cui ha riservato questa perla "Mi dicono che Eluana ha un bell'aspetto, funzioni vitali attive, il ciclo mestruale... Se fosse mia figlia non potrei staccarle la sonda". [...]
    L'obiettivo, dichiarato già altre volte, è quello di cambiare la Costituzione per ridurre il potere, già molto limitato, del presidente della Repubblica. Perchè questi, ha spiegato Berlusconi, "non si attribuisca poteri che sono del capo del Governo".
    L'iniziativa ha avuto inizio venerdì. Emettendo il decreto per salvare Eluana, Berlusconi ha scavalcato il ruolo costituzionale del presidente, Giorgio Napolitano, e la legittimità di conseguenza della Cassazione. Il decreto ha avuto un effetto devastante, scaricando sul capo dello stato la responsabilità morale di decidere in merito alla morte della donna, e dato il via al Vaticano, che non ha tardato dieci minuti a dire quanto era stato "deluso" da Napolitano.
    Il presidente ha rifiutato di firmare, come annunciato, perchè il decreto era chiaramente incostituzionale e tentava di annullare una sentenza inappellabile. Berlusconi allora ha convocato d'urgenza il Parlamento facendo pressioni sui presidenti di Senato e Camera per approvare un disegno di legge in tempi record. Inoltre ha annunciato che cambierà la Costituzione se non gli consentirà di governare con i decreti.
    Tutto questo, arricchito da esternazioni. La più grave è quella con cui Berlusconi ha accusato la lettera inviatagli da Napolitano di essere un invito all'eutanasia. Il presidente, pazientemente, non ha replicato, e Berlusconi ha poi smentito di aver detto quello che aveva detto.[...]
    Ha poi detto di voler "chiarire la Costituzione" perchè, dice "fu scritta da forze ideologizzate e di ispirazione filo-sovietica".[...]
    Nel frattempo l'opposizione, piena di cattolici, è divisa in due. Gruppi di cittadini hanno inondato il web di proteste contro il colpo di mano del premier. Alcuni criticano l'ingerenza della Chiesa al grido di "Governo italiano, decreto Vaticano", altri protestano per la "vergognosa" frase di Berlusconi ("Eluana potrebbe avere dei figli"), e tutti difendono Napolitano come garante dello Stato di Diritto. Vedremo per quanto tempo.

    © Diario EL PAÍS S.L. -

    07/02/09

    Diario della settimana

    Spagna - Un giudice spagnolo ha incriminato sette militari israeliani e l'ex ministro della Difesa israeliano, Benjamin Ben-Eliezer, per delitti contro l'umanita' per un omicidio mirato compiuto nella Striscia di Gaza nel 22 luglio 2002, in cui morirono un presunto capo di Hamas e 14 civili. Attualmente Benjamin Ben-Eliezer è ministro per le infrastrutture. Adesso, secondo procedura, l'ordinanza sarà notificata alle parti, l'Autorità Nazionale Palestinese e lo stato israeliano. Le possibilità che l'inchiesta vada in porto sono poche, tanto che lo stesso giudice Andreu ha ricordato come già in passato ha presentato al governo d'Israele notizia dell'indagine e non ha ottenuto risposta.

    Russia - Nikita Y. Belykh, 33enne leader dell'opposizione liberale, sorprendendo i suoi stessi sostenitori ha deciso di andare a lavorare per il premier Vladimir Putin al Cremlino. Belykh, che negli ultimi anni ha condotto una strenua campagna contro l'ex presidente - oggi primo ministro -scrivendo anche poemi in cui lo definiva autocratico, autoritario, aggressivo e dittatoriale, ha detto di sentirsi stanco e avvilito per essere continuamente sotto il controllo dei servizi segreti e di essere arrestato dopo ogni manifestazione. Perciò ha accettato il posto che Putin gli ha offerto a dicembre, lasciando la già malmessa opposizione in una situazione di sbandamento e frustrazione, sottolineata dalle parole dellos tesso Belykh "Uno o due anni fa speravo ancora in un cambiamento politico, ma le elezioni del 2007 e del 2008 hanno dimostrato che quelle erano solo illusioni".
    Ora i vari leader dell'opposizione liberare russa si sono riuniti nel movimento capeggiato dall'ex campione di scacchi Garry Kasparov e dall'ex vice premier Boris Nemtsov.

    Colombia - Le FARC hanno rilasciato l'ex governatore dello stato di Meta, Alan Jara, in mano al gruppo terrorista dal 2001. A differenza di quanto accaduto con gli altri ostaggi liberati, che hanno ringraziato il presidente colombiano Alvaro Uribe, Jara ha pesantemente attaccato il capo di stato "Sembra che a Uribe convenga che il paese resti in guerra. Ma anche alle Farc sembra far comodo avere Uribe come presidente", accusandolo poi di aver cercato di impedire le trattative per la liberazione. Uribe in un primo momento aveva richiamato la mediatrice inviata per trattare con el FARC, ma in un secondo momento aveva permesso che i negoziati andassero avanti.

    Iraq - Non ci sono ancora i risultati definitivi delle elezioni provinciali (bisognerà aspettare almeno altre due settimane) la Da'wa, coalizione del premier Nouri al Maliki, sembra essere il partito che si aggiudichera' la maggior parte dei 440 seggi in ballo in 14 dei 18 consigli. Il primo a fare le spese della vittoria di al Maliki e' il partito sciita rivale, nonche' partner di governo, il Consiglio supremo islamico, che rischia di perdere almeno 5 delle province che controllava nel sud del Paese. Ma la vera novita' di queste elezioni provinciali e' la rimonta dei partiti laici, molti dei quali legati al vecchio regime di Saddam Hussein. Non si spengono però le polemiche nella provincia dell'al-Anbar. La commissione elettorale di Baghdad ha deciso di riportare in zona le urne elettorali, per procedere al conteggio in presenza dei candidati.

    USA - Eric Holder, dopo la conferma ottenuta dal Senato, ha giurato e si è insediato come nuovo Procuratore Generale degli Stati Uniti. Holder è il primo afroamericano ad occupare la più alta carica del sistema giudiziario americano, un sistema in cui i maschi di colore rappresentano la maggioranza dietro le sbarre, come imputati nei processi e tra i condannati a morte.
    Holder è stato un implacabile pubblico ministero ma anche un attivista per i diritti civili e difensore pro bono di giovani neri. La sua nomina è vista come la migliore opportunità dopo decenni di sanare l'ingiustizia sociale nel sistema giudiziario americano, l'ambito dove le differenze razziali sono più gravi.

    Madagascar - E' tornata la calma nella capitale del Madagascar, Antananarivo, dopo le violenze degli scorsi giorni a seguito degli scioperi generali promossi dal sindaco della città, Andry Rajoelina, poi destituito dal ministero dell'interno. Rajoelina ha ora fatto sapere di aver presentato all'Alta corte costituzionale una richiesta formale di destituzione del presidente Marc Ravalomanana, accusato di cattiva gestione dei fondi pubblici e di rappresentare una minaccia per la giovane democrazia del Paese.

    06/02/09

    Vista da lontano - Un piccolo Paradiso si batte per i migranti

    Di Barbie Nadeau (Newsweek)

    Ogni anno migliaia di turisti sbarcano nella piccola isola di Lampedusa, al largo della costa siciliana. Arrivano per le spiagge incontaminatel, le acque turchesi e le impressionanti scogliere. Quello che i turisti di solito non vedono è il cimitero delle barche. Al centro dei 24 km quadrati dell'isola, lontano dalla zona residenziale, i relitti delle barche vengono accatastati in un recinto, e ogni scafo è marcato con una data e le iniziali di chi ha salvato i passeggeri.
    Da anni i migranti arrivano a Lampedusa dalla Libia e da altre nazioni del Nord Africa con l'obiettivo di una vita migliore in Europa. Negli ultimi mesi, per le guerre, la fame e la crisi economica, questo numero è aumentato esponenzialmente. Dallo scorso febbraio, 36.000 barche - con un aumento del 75% rispetto all'anno precedente - sono sbarcate su questa piccola enclave. La scorsa settimana, più di 1800 sono stati rinchiusi in un edificio governativo costruito per ospitarne un massimo di 800. La situazione è talmente grave che i 6000 abitanti locali temono per il turismo. D'altronde, chi comprerebbe un biglietto per Guantanamo?
    Roma vuole infatti adottare la linea dura con gli immigrati. Il ministro degli Interni Roberto Maroni ha proposto di convertire una vecchia base militare dell'isola in un secondo centro di detenzione dove tutti coloro che non hanno i requisiti per l'asilo politico saranno rimaptriati direttamente da Lampedusa. Allo stesso tempo, intende aumentare il tempo di detenzione per chi chiede asilo da 60 giorni a 18 mesi.
    I residenti hanno protestato strenuamente, e il sindaco dell'isola Bernardino de Rubeis dice che la proposta è disumana perchè non prevede nessun piano per modernizzare gli edifici per accogliere gli immigrati. "E' inaccettabile, questo piano trasformerà Lampedusa nell'Alcatraz del Mediterraneo".
    Le proteste hanno raggiunto il culmine lo scorso 24 gennaio, quando circa 1000 immigrati sono usciti dai centri di detenzione e sono scesi in piazza a protestare con gli isolani. Dopo aver marciato mano nella mano, gli isolani hanno rifocillato gli immigrati e poi li hanno riaccompagnati nei centri di detenzione. [...]
    In un paese il cui governo è spesso accusato di razzismo, i Lampedusani sono sorprendentemente accoglienti. Vedono in prima persona la disperazione di chi fugge dalla fame, dalla guerra e dalle difficoltà economiche. Aiutare i rifugiati è diventato parte della cultura locale. Pietro Russo, capitano di un peschereccio che ha vinto una medaglia per il salvataggio di diverse barche di rifugiati, ricorda i nomi di molte delle persone che ha aiutato - e i volti delle due ragazze morte sotto i suoi occhi due anni fa "Rischiano tutto, anche le loro vite, per venire qui. Morire in mare è meglio della vita da cui fuggono".
    I rifugiati di solito vengono salvati dalla guardia costiera o dai pescherecci, oppure si schiantano contro gli scogli. Dopo lo sbarco, ricevono cure mediche e beni di conforto, poi vengono trasportati nel centro di identificazione. Dormono in cuccette, da 10 a 15 in una stessa stanza, i servizi igienici sono minimi e non ci sono aree per i bambini. Molti raccontano di sedativi messi di nascosto nel cibo, altri raccontano incredibili storie di abusi. Chi ha diritto all'asilo viene trasferito in Sicilia o sulla terraferma entro 60 giorni. Quelli che provengono da paesi con cui l'Italia ha accordi di rimpatrio vengono rimandati a casa, solitamente dopo un trasferimento nella penisola.
    Molti lampedusani temono che allungare le detenzioni a 18 mesi non porterà solo ad un affollamento dei centri, ma danneggerà il turismo portando instabilità sociale.
    L'isola è un'oasi marina per turisti benestanti, ma le notizie dei centri sovraffollati e degli sbarchi sta allontanando molte persone. Gli isolani sono solidali con i migranti, ma temono che un secondo centro di identificazione e una detenzione più lunga causerà rivolte "Se ci saranno 3 o 4000 persone nei centri e riusciranno ad evadere, ci sarà una guerra civile". E in molti stanno pensando di lasciare l'isola e cercare lavoro altrove. [...]

    Nessuno sa come evitare gli sbarchi. Ad agosto l'Italia ha firmato un accordo con la Libia che prevede uno stop alle partenze in cambio di investimenti italiani nelle ifnrastrutture libiche. Ma l'accordo non è ancora stato ratificato dal Parlamento italiano, e la Libia ha fatto capire di volere ancora altre concessioni. Ma anche se l'accordo verrà ratificato, non servirà a nulla secondo Laura Bodrini, portavoce dell'Alto commissariato ONU dei rifugiati "La Libia non ha un mandato per fermare fisicamente le imbarcazioni che partono. Non possono sparare e non possono speronarle. Che faranno, sventoleranno una bandiera?".

    © 2009 Newsweek

    05/02/09

    Usa-Russia - Disgelo sullo scudo spaziale

    Dopo il primo colloquio telefonico tra Obama e il presidente russo Dmitrij Medvedev sembra che la Russia voglia fare un'apertura di credito alla nuova amministrazione americana bloccando l'installazione dei missili Iskander al confine con la Polonia.
    In realtà non c'è niente di sicuro, ma l'agenzia russa Interfax riporta la dichiarazione di un ufficiale dell'esercito russo che, parlando dietro anonimato, ha spiegato che il progetto missilistico russo si è fermato "alla luce del fatto che la nuova Amministrazione america­na non sta correndo verso il dispie­gamento dello scudo spaziale".
    In realtà Obama non ha finora parlato del progetto di Scudo spaziale voluto da Bush, anche se pare che il Pentagono si sia già messo in moto per modificarlo.
    In questo senso la mossa di Mosca potrebbe essere un modo per fare della "moral suasion" nei confronti di Obama, soprattutto considerato il fatto che la minaccia di dispiegare i missili Iskander ai confini è più che altro simbolica, visto che la Russia non ha una capacità missilistica sufficiente.
    Negli ultimi mesi, i rapporti tra Usa e Russia si sono fatti più tesi, tanto da far parlare di una seconda Guerra fredda, da quando Bush aveva deciso di portare avanti lo "Scudo spaziale", ovvero il sistema missilistico in Polonia e Repubblica Ceca per proteggere gli alleati della Nato da eventuali attacchi di Iran e Corea del Nord. Secondo Putin e Medvedev, lo Scudo sarebbe una minaccia per la sicurezza e per gli interessi russi.
    Ma la questione dello Scudo spaziale è solo una pedina nel complicato scacchiere dei rapporti tra le due superpotenze: quest'anno è infatti in scadenza lo Start-1, ovvero l'accordo per la riduzione degli armamenti nucleari. Bush intendeva sostituirlo con un accordo più elastico e con meno verifiche, mentre Mosca vorrebbe rinnovarlo più o meno secondo gli stessi termini per evitare uno squilibrio negli armamenti.
    Il dialogo sullo Start-1 si riaprirà anche per l'importanza strategica della Russia nelle operazioni militari americane in Afghanistan. Attualmente la Russia non ha concesso agli Usa e alle forze Nato il transito nel "corridoio" asiatico nei paesi dell'ex Urss, e continuerà a impedirlo finchè l'America non si impegnerà a fermare l'allargamento di Nato e Ue fino ai paesi dell'ex Unione Sovietica. Visto che anche Germania e Francia sono contrari all'ingresso di Ucraina e Georgia nella Nato, Obama potrebbe fare contenta la Russia, e poter quindi contare su un aiuto fondamentale in Afghanistan, che sarà il fronte centrale della politica militare della nuova amministrazione.
    Spingendosi ancora più in là, gli accordi con Mosca potrebbero portare ad una sospensione della vendita di missili russi all'Iran, e addirittura ad un sostegno russo alle sanzioni contro Teheran, ovviamente in cambio di un congelamento dello Scudo spaziale. Una mossa che incontrerebbe opposizione al Pentagono e a Washington, ma che porterebbe a una nuova alleanza con la Russia.

    Fonte: Alberto Simoni (L'avvenire)

    04/02/09

    Un nero per il Gop, e Daschle si ritira

    L'ex vice Governatore del Maryland Michael Steele è stato eletto nuovo presidente del partito Repubblicano. E' il primo afroamericano a guidare il Grand old party nella sua storia.
    Dopo aver servito ad Annapolis come vice del Governatore Ehrlich, Steele si è candidato a Senatore del Maryland, spinto a quanto pare dalle insistenze di Dick Cheney, e avvalendosi di supporto finanziario e organizzativo da parte dello stesso Cheney e di Karl Rove. Steele perse però nettamente le elezioni contro il candidato Democratico Benjamin Cardin, che conquistò il seggio con il 55% dei voti.
    Steele ha avuto anche l'onore di tenere il "keynote speech" alla convention Repubblicana del 2004, proprio mentre il semisconosciuto Barack Obama teneva il discorso programmatico alla convention Democratica.
    Steele non ha certo il compito di catturare i voti dell'elettorato nero, che al 90% vota Democratico, ma di recuperare consensi tra i bianchi moderati degli stati tendenzialmente Repubblicani ma che alle ultime elezioni si sono spostati verso i Dems grazie all'effetto Obama.
    Nel frattempo il neo Presidente avrebbe deciso di inserire un altro Repubblicano, il terzo, nella sua amministrazione. Dopo Robert Gates, confermato alla Difesa, e Ray Lahood, Segretario ai Trasporti, Obama avrebbe chiesto a Judd Gregg, Senatore ed ex Governatore del New Hampshire, di diventare il nuovo Segretario al Commercio (posto ancora vacante dopo la rinuncia di Bill Richardson).
    La mossa potrebbe contribuire alla creazione di quel clima bipartisan promosso da Obama per le riforme, ma avrebbe anche un altro lato della medaglia più prosaica: se Gregg lasciasse il suo seggio al Senato, toccherebbe al Governatore del New Hampshire nominare il suo sostituto. Se venisse nominato, come appare probabile, un Democratico, il partito di Obama raggiungerebbe la fatidica cifra di 60 Senatori (anche se è ancora in ballo il riconteggio per il seggio del Minnesota conteso dal Senatore uscente Coleman e dall'autore televisivo Al Franken), cifra che permetterebbe di superare l'ostruzionismo e darebbe alla maggioranza la possibilità di approvare rapidamente e senza discussioni le proposte di legge della Casa Bianca. Finora solo Lyndon Johnson e Jimmy Carter, tra i presidenti Democratici, hanno potuto godere di questo privilegio.
    Per questo motivo Gregg non ha ancora dato la sua disponibilità ad entrare nell'amministrazione, e pare che avrebbe posto come condizione che il Governatore del New Hampshire nomini un altro Repubblicano al Senato, anche se il suo portavoce smentisce.

    Intanto l'amministrazione di Obama perde un altro pezzo: anche Tom Daschle, come Richardson, ha ritirato la propria candidatura al posto di Segretario alla Sanità, per cui era in corso l'audizione confermativa. Daschle, uno dei primi big del partito ad appoggiare Obama più di due anni fa, avrebbe avuto il delicato compito di promuovere la riforma sanitaria che rappresenta un punto cardine del programma di Obama, e per cui il suo Dipartimento era stato opportunamente potenziato. Daschle si è però trovato a fronteggiare un'accusa di evasione fiscale, e dopo un editoriale infuocato del New York Times ha deciso di ritirarsi, spiegando che la vicenda avrebbe rappresentato una distrazione troppo grande sulla strada dell'approvazione della riforma.

    03/02/09

    Se gli stati vanno in bancarotta

    da Der Spiegel

    "C'è chi dice che gli Stati non possono andare in bancarotta. Peccato che non sia vero" ha detto pochi giorni fa il Cancelliere tedesco Angela Merkel davanti ad una platea di banchieri.
    Ovviamente ha ragione, gli stati vanno in bancarotta se permettono al loro deficit di spesa di andare fuori controllo, ed in questo senso il messaggio della Merkel, anche visto il particolare pubblico a cui era rivolto, può significare una cosa molto chiara: se i governi si spingono troppo in là nei piani per salvare le banche e le compagnie finanziarie, rischiano di diventare loro stessi insolventi.
    E finora i governi nazionali si sono spinti molto in là per cercare di rimediare alla crisi economica. Sia in Usa che in Europa, le somme che i singoli paesi hanno stanziato per evitare il collasso finanziario sono esorbitanti.
    Solo la Germania ha già fornito garanzie di credito per 42 miliardi di euro per evitare il collasso del Munich Hypo Real Estate, un pozzo senza fondo che probabilmente verrà nazionalizzato (finora non è successo solo perchè la legge limita il possesso di banche da parte dello Stato), mentre il secondo gruppo bancario del Paese, la Commerzbank, è stato salvato dall'intervento governativo.
    Le cose vanno peggio in Usa, dove secondo l'economista Nouriel Roubini le perdite finanziarie raggiungeranno la cifra di 3,6 trilioni di dollari. In Gran bretagna il governo ha parzialmente nazionalizzato la Banca di Scozia e Lloyds TSB, e secondo molti esperti la nazionalizzazione sarà inevitabile. Una mossa che fino a poco tempo fa sarebbe stata inconcepibile è ora vista come inevitabile, dal momento che il paese è davvero sull'orlo del disastro finanziario: il mercato immobiliare è inflazionato, il debito privato è ai massimi storici e il settore finanziario è stato pesantemente colpito dalla crisi. La sterlina, che un anno fa valeva 1,40€, ha ora raggiunto la parità con la moneta europea.
    E c'è chi parla della Gran Bretagna come della prossima Islanda, soprattutto ora che gli investitori si stanno allontanando.

    Non se la passa bene l'Italia, che sta per unirsi a un club esclusivo quanto indesiderabile: al 106% del Pil, l'Italia avrebbe il terzo definict nazionale più grande del mondo. In un paese di risparmiatori, questo in passato non è stato un problema, ma ora la fiducia negli investimenti è drasticamente calata. Nel 2008, Roma ha perso 220 miliardi di euro in obbligazioni a breve termine, e a dicembre il ministro del Welfare Sacconi ha messo in guardia sul fatto che l'Italia rischia la bancarotta se non sarà più in grado di vendere obbligazioni pubbliche a causa dell'eccesso di offerta in altri paesi "Creerebbe un problema di liquidità nel pagare pensioni e stipendi e faremmo la fine dell'Argentina".
    Le finanze sono comunque in uno stato pietoso nella maggior parte degli stati europei, secondo gli esperti solo quest'anno il deficit dei 16 paesi della zona-euro sarà al 4% del Pil, e l'anno prossimo salirà al 4,4%. Il patto di stabilità dell'euro prevede una soglia del 3%.
    La Commissione Europea stima che nel 2010 17 stati oltrepasseranno la soglia: tra questi la Germania (42,%), la Francia (5%), la Spagna (5,7%) e la Gran Bretagna (9%). L'Irlanda sarebbe in testa alla classifica con il 13%.
    Le cose non sembrano semplici soprattutto perchè tra gli stessi stati della zona euro non c'è concordia sulle misure da adottare: la Germania ad esempio è stata accusata di non aver dato spinte all'economia, e la Merkel è stata soprannominata "Madame No" da alcuni suoi colleghi, ma la Germania ha dimostrato di avere una visione sul lungo periodo, ed è preoccupata di non gravare le prossime generazioni con un debito molto più alto di quello attuale.

    © SPIEGEL ONLINE 2009

    02/02/09

    Israele - I sondaggi danno il Likud in testa

    A otto giorni dalle elezioni del 10 febbraio in Israele, il principale partito di destra sembra vicino ad ottenere la maggioranza relativa del seggi alla Knesset, il parlamento israeliano.
    Il Likud è guidato dall'ex premier Benjamin Netanyahu, alla guida del paese dal 1996 al 1999, ed è il partito che ha governato il paese fino al 2005 con Ariel Sharon, prima che lo stesso Sharon sposasse posizioni più centriste fondando Kadima.
    Secondo il sondaggio condotto dalla tv Channel 10 e dal quotidiano Haaretz il Likud conquisterebbe 28 seggi (29 secondo un'altra rilevazione) dei 120 della Knesset (attualmente ne ha 12), diventando il primo partito. Sembrano però esserci ancora delle speranze per Kadima, guidato dal candidato premier ed attuale primo ministro designato e ministro degli Esteri Tzipi Livni: l'attuale partito di maggioranza, dato per spacciato nei sondaggi dei mesi scorsi, recupera terreno e secondo l'ultima rilevazione otterrebbe 25 seggi (attualmente ne detiene 29). Un altro sondaggio di Tns Teleseker dà però Kadima a 23 seggi.
    I recenti attacchi a Gaza decisi dal governo Olmert sembrano comunque aver portato nuovi consensi al partito di centro, anche se questa crescita è più che altro il risultato di un rimescolamento dei rapporti di forza all'interno dell'area del centro-sinistra, che vede un crollo del Partito laburista del ministro della Difesa ed ex premier Ehud Barak. Proprio tra la Livni e Barak nell'ultima settimana sono cresciuti i disaccordi, con la Livni spostata su posizioni più oltranziste riguardo gli attacchi a Gaza e la costruzione di nuovi quartieri israeliani attorno a Gerusalemme Est, ovvero la zona che i palestinesi vorrebbero come capitale del loro futuro stato.
    I laburisti, alleati di Kadima e attuale seconda forza di governo, otterrebbero solo 14 seggi, contro i 19 attuali, e pagherebbero il prezzo più caro della nuova crisi con la Palestina.
    Guardando al quadro più generale, sono tutti i partiti di destra a crescere in maniera decisa: oltre al Likud, crescono anche gli estremisti di Israel Beiteinu (Israele casa nostra), che conquisterebbero 15 seggi diventando la terza forza del paese e superando i laburisti. Gli ortodossi sefarditi di Shas, ritenuti molto vicini al Likud, dovrebbero aggiudicarsi 10 o 11 seggi. In totale la coalizione di destra dovrebbe ottenere 65 0 66 seggi su 120.
    Il Likud e i partiti di destra sono fermamente contrari al ritiro degli insediamenti israeliani nei territori occupati, mentre il premier Olmert ha notoriamente posizioni più aperte, e recentemente ha parlato della possibilità di nuovi negoziati se la sua coalizione tornasse al governo e se da parte palestinese ci sarà predisposizione al dialogo. Netanyahu ha però già fatto sapere che se vincerà, non si sentirà in alcun modo vincolato alle promesse fatte da Olmert.

    01/02/09

    Si parte

    Benvenuti a tutti, che proveniate dal mio vecchio blog USA 2008 o che siate arrivati da altri lidi telematici.
    Questo blog nasce per proseguire idealmente l'avventura di USA 2008, allargando però la visuale a ciò che succede nel mondo. "Il Giramondo" vuole quindi portarvi nei diversi scenari mondiali, con particolare riferimento a quegli aspetti che raramente vengono trattati sui media italiani (o che, quantomeno, richiedono maggiore attenzione per essere rintracciati nell'informazione mainstream), in un anno che sarà contrassegnato, oltre che dalla crisi economica, anche da importante tornate elettorali in Israele, la prossima settimana, e in Europa. Non mancheranno poi gli articoli della serie "Vista da lontano", ovvero cosa dicono dell'Italia all'estero.
    Le fonti saranno, come già con le elezioni Usa, i principali organi di informazione, in particolar modo in lingua inglese.
    Premesso che cercherò di fornire aggiornamenti regolari e variegati, questo blog è e resta un'opera amatoriale, quindi non è una testata giornalistica, nè un'organo di stampa e come tale non può assicurare totale completezza nella copertura delle notizie. Correttezza, questo sì.
    Le collaborazioni e i consigli sono più che benvenute, e la sezione dei commenti è apertissima per questo.
    Basta chiacchiere, buona lettura

    Guido