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    31/03/09

    Europa - Domenica di elezioni: i risultati

    E' stata una domenica elettorale in due Stati europei, e in un territorio africano che però appartiene alla Francia.
    Le consultazioni più importanti sono state tenute in Turchia, dove in una sorta di Election Day si sono svolte le elezioni amministrative che sono servite a tastare il polso della popolazione nei riguardi del governo Erdogan. Il premier in carica sperava di migliorare il risultato delle politiche del 2007, quando aveva raggiunto il 46,65%, avvicinandosi così alla maggioranza assoluta dell'elettorato.
    Non è stato così, e anche se lo spoglio dei risultati è andato molto a rilento sembra proprio che il partito islamico moderato guidato da Erdogan, l'Akp, è al 40,16 per cento con il 97 per cento delle schede scrutinate. Un risultato inferiore di circa sette punti rispettoal 2007 che ha indotto il candidato sindaco di Istanbul del Partito repubblicano del popolo (Chp), Kemal Kilicdaroglu, a sostenere che la formazione di Erdogan “è in declino”. Lo stesso premier si è detto insoddisfatto, sia della flessione registrata dal suo partito sia della mancata elezione dei suoi candidati a primo cittadino in città come Diyarbakir (dove ha dominato una formazione curda) o Antalya.
    Ciononostante Erdogan, che paga oltre alla crisi economica anche un certo atteggiamento di insofferenza alle critiche, può dirsi soddisfatto perchè lo stesso Chp, principale partito di opposizione, pur crescendo di 7 punti raggiunge appena il 28%, e potrebbe rappresentare un'alternativa di governo solo sommando i propri voti al movimento nazionalista Mhp, che ha il 15%. Inoltre l'Akp conserva le città di Ankara e Istanbul.
    Un black-out elettrico nel quartiere della capitale in cui si trovano gli uffici per il conteggio del voti ha spinto il candidato sindaco di Ankara Murat Karayalcin a ipotizzare brogli elettorali.
    Come purtroppo da tradizione, le elezioni sonos tate segnate da scontri e attentati. Il bilancio è di almeno sei morti ed oltre 50 feriti. Nelle amministrative del 2004 le vittime erano state otto e i feriti più di un centinaio.

    Decisamente più plebiscitario il risultato delle elezioni politiche in Montenegro, dove i quasi 500.000 elettori hanno consegnato una netta maggioranza al premier uscente Milo Djukanovic e alla sua coalizione di centrosinistra guidata dal Partito socialista democratico. Anche qui lo spoglio è andato a rilento, ma sembra che la coalizione Per un Montenegro europeo monopolizzata da Djukanovic abbia conquistato il 51,1% dei voti. I seggi ottenuti dovrebbero essere 49 su un totale di 81, quindi iù dei 41 che Djukanovic già controllava nella precedente legislatura, interrotta per elezioni anticipate proprio per avere una maggioranza più salda.
    Questo consenso è sufficiente non solo a governare da solo ma anche a traghettare la più piccola delle repubbliche ex jugoslave verso l'Unione europea. Djukanovic ha presentato domanda di adesione all'Ue nel dicembre scorso, ottenendo dalla Repubblica ceca, presidente di turno dell'Ue, l'impegno di accelerare il processo di integrazione osteggiato invece dalla Germania e dall'Olanda.

    Si è votato infine anche nella piccola isola di Mayotte, ex colonia francese al largo delle coste del Madagascar. Il referendum chiedeva ai 71.000 elettori di scegliere se preferivano l'indipendenza o di continuare ad essere territorio francese. Il 95% ha scelto di diventare il 101esimo dipartimento della repubblica Francese e il quinto dominio d'Oltremare dopo Guyana, Réunion, Guadalupa, e Martinica. Si conclude così un itinerario amministrativo cominciato nel 1974, quando gli abitanti di Mayotte decisero di restare legati alla Francia colonizzatrice e di non scegliere l'indipendenza come le altre isole delle Comore. L'unione africana e i paesi vicini considerano Mayotte un "territorio occupato".

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