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    19/03/09

    Europa: un continente alla deriva

    A continent adrift
    di Paul Krugman (Premio Nobel per l'Economia nel 2008)
    da: "New York Times"

    Sono preoccupato per l'Europa. Veramente sono preoccupato per tutto il mondo - non ci sono oasi per rifugiarsi dalla tempesta economica globale. Ma la situazione dell'Europa mi preoccupa anche più di quella dell'America.
    Per essere chiari, non sto per ripetere i soliti lamenti americani sul fatto che in Europa le tasse sono troppo alte e i benefici troppo generosi. Il welfare pesante non è la causa della crisi Europea. Anzi, è un fattore positivo.[...]
    L'Europa si trova in difficoltà sia per la politica fiscale che monetaria, sta affrontando una crisi grave quanto quella americana, ma sta facendo molto di meno per combatterla.
    Per quanto riguarda la politica fiscale, il paragone con gli Usa è marcato. Molti economisti, me compreso, sostengono che il piano dell'amministrazione Obama è insufficiente, vista la profondità della crisi, ma l'azione dell'America fa sparire qualsiasi cosa gli europei stiano facendo.
    La differenza nella politica monetaria è ugualmente impressionante. La Banca Centrale Europea è stata molto meno attiva della Federal Reserve; è stata lenta nel tagliare i tassi di interesse e ha evitato ogni misura forte per sbloccare il mercato creditizio.
    L'unica cosa che in Europa gira nel verso giusto è proprio quella per cui si è attirata le maggiori critiche: la grandezza e la generosità del suo stato sociale, che sta attutendo l'impatto della crisi economica.
    Non è cosa da poco. Polizze sanitarie garantite e generosi sussidi di disoccupazione assicurano che, almneo finora, non ci sia in Europa quel grado di sofferenza umana che c'è in America. E questi programmi permettono di continuare a spendere durante i periodi di crisi.
    Ma questi "stabilizzatori automatici" non sostituiscono l'azione positiva.
    Perchè l'Europa ha sbagliato? Una cattiva leadership ha un ruolo in questa storia. I banchieri europei, che non hanno capito la profondità della crisi, sembrano ancora stranamente compiaciuti. [...]
    Ma c'è un problema più grave: l'integrazione economica e monetaria si è spinta molto più in là delle sue istituzioni politiche. Le economie di molte nazioni europee sono legate tra loro quasi quanto quelle degli stati americani, e la maggior parte dell'Europa condivide la stessa moneta. Ma a differenza dell'America, l'Europa non ha quel tipo di istituzioni continentali adeguate ad affrontare una crisi continentale.
    Questa è la maggiore ragione per la mancanza di azione fiscale: non c'è un governo in una posizione tale da prendersi la responsabilità di tutta l'economia europea. Quello che invece l'Europa ha, sono governi nazionali riluttanti ad aumentare il debito pubblico per finanziare uno stimolo che avrà effetti positivi in gran parte, se non in toto, per gli elettori degli altri paesi.[...]
    L'Europa, in altre parole, sta scoprendo di essere strutturalmente debole in tempo di crisi.
    Il punto è capire cosa succederà a quelle economie europee che sono esplose qualche anno fa nel tempo dell'espensione e del denaro facile, la Spagna in particolare.
    Nello scorso decennio, la Spagna è stata la Florida d'Europa, la sua economia è stata trainata da un bomm speculativo immobiliare. Come in Florida, il boom è imploso. Ora la Spagna deve trovare nuove fonti di introiti e di lavoro per sostituire i posti persi nel settore immobiliare.
    In passato, la Spagna avrebbe riacquistato competitività svalutando la moneta, ma adesso è nell?Euro, e ora l'unica via da percorrere è tagliare gli stipendi, una soluzione quasi inconcepibile ora come ora.
    Questo significa che è stato uno sbaglio la creazione dell'Euro? Forse.
    Ma l'Europa può ancora provare che gli scettici si sbagliano, se i politici mostreranno una maggiore leadership. Ma lo faranno?


    Copyright 2009 The New York Times Company

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