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    06/03/09

    Sudan - Il mondo diviso sul mandato d'arresto ad al-Bashir

    Il mandato d'arresto chiesto due giorni da dal Tribunale internazionale dell'Aia contro il dittatore del Sudan Omar al-Bashir per i crimini contro l'umanità in Darfur solleva enormi problemi non solo per i complicati giochi di equilibri internazionali attorno allo stato africano, ma anche perchè, trattandosi del primo mandato d'arresto per un presidente ancora in carica, non è ben chiaro quale sarà la procedura da seguire.
    In parole povere, chi è che arresterà al-Bashir? Nessuno ha ancora saputo dare una risposta, senza cui il provvedimento preso dal Tribunale internazionale rischia di rimanere solo una provocazione che ha spaccato la comunità internazionale, con la Cina che ha protestato formalmente con l'Onu prendendo le difese del sanguinario dittatore sudanese. Il governo di Pechino "si augura" che il Consiglio di Sicurezza dell'Onu chieda alla Corte internazionale di «sospendere il processo" contro il presidente sudanese Omar al-Bashir, esprimendo "rammarico e preoccupazione che possa peggiorare la situazione in Darfur". Qin Gang rileva tra l'altro che "la Cina si oppone a qualsiasi azione che possa vanificare gli sforzi per la pace in Darfur e in Sudan".
    Oltre alla Cina, da sempre alleata del Sudan del cui petrolio è la principale acquirente, sono arrivate proteste da grandi Paesi arabi islamicicome l'Egitto e lo Yemen, dalla Conferenza islamica e dalla Lega araba. Anche il Cairo, come Pechino, chiederà la sospensione del mandato al Consiglio di sicurezza. La Lega araba, per bocca del portavoce Amr Moussa, ha espresso "preoccupazione per la stabilità del Darfur". La Russia parla di "decisione intempestiva".
    Ma anche una voce decisamente equilibrata e al di sopra di ogni sospetto come quella del presidente dell'assemblea generale dell'Onu, il nicaraguense Miguel d'Escoto Brockmann (lo abbiamo visto di recente ospite del Festival di Sanremo), si è levata contro l'Aia, definendo il mandato d'arreso "una decisione che ritengo motivata più da considerazioni politiche che per la causa della giustizia".
    Dal canto suo, al-Bashir non sembra preoccupato dell'accaduto. Migliaia di persone sono scese in piazza a sostegno del presidente, e lui stesso si è unito alle manifestazioni danzando e parlando alla folla, lasciandosi andare a dichiarazioni minacciose nei confronti degli Usa e di Israele, accusati di essere i mandanti dell'azione. Successivamente, ha fatto espellere dal paese diplomatici e funzionari di organizzazioni internazionali.
    Omar al-Bashir è arrivato al potere in Sudan nel 1989 con un colpo di stato. Nel 1990 il regime di Bashir accoglie volontari iraniani, poi si schiera dalla parte di Saddam Hussein, al momento dell’invasione del Kuwait. Tra 1991 e 1996 ospita l'allora sconosciuto Osama Bin Laden. Nel 2002 si tocca la quota di 2 milioni di vittime civili dall'inizio delle ostilità interne nel 1983, ma vengono anche ripresi i negoziati di pace tra nord e sud. Nel 2005 si firma l'accordo: al Sud sono concessi sei anni di autonomia, dopo di che un referendum potrà decidere l’eventuale secessione. Se il Sudan resterà unito, i governativi e i ribelli del Sud confluiranno in un solo esercito di 39.000 uomini. Gli introiti del petrolio saranno divisi al 50 per cento. Gli uomini designati dal governo avranno il 70 per cento dei posti pubblici nell’amministrazione centrale e il 55 per cento in quelle locali del Sud; gli uomini designati dai “sudisti” avranno il 30 per cento a livello nazionale e il 45 per cento a livello locale. La sharia potrà essere introdotta al Sud solo su decisione di un’assemblea elettiva. Ma per un genocidio cui si è posto fine al Sud, un altro ne inizia dal 26 febbraio 2003 all’Ovest, nel Darfur. Non più cristiani e animisti contro musulmani, ma contadini neri musulmani contro altri musulmani che in realtà sono neri anche loro, ma che essendo arabofoni e pastori si considerano arabi. (Fonte: L'Occidentale).
    Nel 2011 quindi il referendum potrà decidere se il Sudan resterà unito, lo scopo per cui si è adoperato finora al-Bashir, che difficilmente accetterà un esito contrario.

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