Si sapeva che Netanyahu era impegnato a cercare di estendere il più possibile la sua coalizione governativa, che altrimenti si sarebbe retta solo sui voti degli estremisti anti-arabi e degli ultraortodossi, ma dopo la rinuncia di Kadima sembrava che le trattative dovessero arenarsi.
Barak, che dovrebbe mantenere la carica di ministro della Difesa, ha dovuto affrontare una dura resistenza interna - 680 voti a favore e 570 contro - da parte di chi lo ha accusato di aver distrutto il partito (ai minimi storici nelle ultime elezioni) e di voler continuare a smantellarlo "vendendosi" a Netanyahu in cambio di una poltrona. Barak ha invece spiegato di voler prendere atto del ridimensionamento elettorale dello storico partito, fondatore dello stato di Israele, e di voler evitare di lasciare il paese nelle mani della destra. A conferma di questo, il sofferto accordo con il rivale storico Netanyahu, che Barak sconfisse e sostituì al governo nel 1999, salvo poi perdere le elezioni nel 2001 in favore del Likud di Sharon.
Likud e Labur hannogià governato insieme, nel 1980, quando i due partiti erano arrivati testa a testa e insieme avevano deciso di guidare il paese in coabitazione: due anni il premier laburista Shimon Peres, due quello di destra Yizthak Shamir.
Il dato più curioso di questa coalizione, che attraversa la Knesset dal centro-sinistra fino all'estrema destra scavalcando il centro, è che lascia fuori Kadima, ovvero il partito di maggioranza relativa che ha conquistato più voti alle scorse elezioni, e che si troverà a fare un'opposizione quasi solitaria.
Fonte: Haaretz
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