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    27/03/09

    Israele - Un accordo per dividere la Palestina?

    All'indomani dell'accordo tra Netanyahu e il leader laburista Barak per portare al governo con il Likud sia la destra estrema di Ysrael Beitenu sia il centrosinistra, la politica israeliana è ancora in fermento, e non solo per le posizioni politiche, ma anche per i sospetti di un accordo sottobanco.
    Da un lato Tzipi Livni - con Kadima ormai rimasta praticamente da sola all'opposizione, assieme a partiti di seconda e terza fascia - ha attaccato duramente l'ex alleato Barak, accusandolo di fare politica di bassa lega e di pensare solo alle sue mire personali.
    Dall'altro lato all'interno dello stesso Labour Party la decisione di Barak - avallata da un voto sul filo di lana del direttivo del partito, praticamente spaccato a metà - non va proprio giù, e a farsi portavoce del malcontento è il segretario organizzativo Eitan Cabel, che non ha dubbi sull'orientamento del nuovo governo "Netanyahu e Lieberman daranno gli ordini e Barak li eseguirà. Al pensiero mi vengono i brividi".
    Dall'altro lato ancora c'è il Likud, che non è immune dalle polemiche, che peraltro arrivano da più fronti. Sul fronte interno, il premier incaricato Netanyahu deve confrontarsi col malcontento suscitato proprio dall'alleanza con i laburisti:molti estremisti del Likud contestano la scelta di Netanyahu di non formare un governo delle destre che al momento avrebbe alla Knesset una maggioranza di 65 seggi su 120. Altri giudicano eccessive le promesse fatte da Netanyahu al leader laburista Ehud Barak, altri ancora trovano inconcepibile che il leader del Likud non abbia offerto uno tre principali ministeri - Esteri, Difesa e Finanze - ai suoi compagni di partito. L'unico ministero di rilievo che Netanyahu sarebbe pronto a concedere ad un dirigente del Likud è quello dell'istruzione, non proprio un posto di primo piano.
    Sul fronte estero, però, Netanyahu deve affrontare spinte opposte, ovvero le preoccupazioni che il suo governo sia troppo di destra. Preoccupazioni che in particolare arrivano dagli Usa (Netanyahu non ha ancora parlato ufficialmente con Obama, ma quotidianamente invia messaggi diplomatici agli Stati Uniti tranquillizzandoli sulla sua volontà di rispettare gli accordi di pace) e dall'Egitto, tanto che alcuni emissari del futuro primo ministro israeliano hanno incontrato dei dirigenti egiziani per rassicurarli su un'eventuale nomina agli Esteri dell'ultranazionalista Avigdor Lieberman. Proprio Lieberman aveva scatenato una polemica con l'Egitto in ottobre, affermando che il presidente Hosni Mubarak poteva "andarsene al diavolo" per via del rifiuto di quest'ultimo ad andare in visita ufficiale in Israele.
    Ma la notizia che sta più di tutte creando scompiglio nel Medio Oriente è quella di un accordo segreto tra il Likud e Lieberman per l'estensione della città-colonia di Maaleh Adumim, fino a collegarla a Gerusalemme. E' un vecchio progetto, frenato ripetutamente per le proteste non soltanto dei palestinesi ma degli stessi americani, compresa la vecchia amministrazione Bush: il suo completamento eliminerebbe la continuità geografica del territorio del futuro stato palestinese, venendo meno ad uno dei cardini degli accordi dei "due popoli, due stati", e a poco vale la proposta di costruire un tunnel che unisca le due parti di territorio palestinese.
    Sembra tuttavia difficile che un governo così traballante, e a cui i commentatori danno pochi mesi di vita, riesca ad arrivare ad una decisione così clamorosa e contestata.

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