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    25/02/09

    Libano - Shock per l'arresto di una spia

    Per 25 anni, Ali al-Jarrah è riuscito a vivere su entrambi i lati del conflitto libanese. Per amici e colleghi, era un leale sostenitore dei palestinesi e un affabile padre di famiglia che lavorava come preside di una scuola.
    Per Israele, pare sia stato una spia di valore, responsabile dell'invio di rapporti e fotografie sui gruppi di Hezbollah dal 1983.
    Adesso è chiuso in una prigione libanese, accusato di aver tradito il suo paese, e i suoi amici ed ex colleghi sono attoniti per la portata del suo inganno: i viaggi all'estero attentamente dissumulati, la quantità inspiegabile di soldi, la seconda moglie all'estero.
    L'arresto di Ali al-Jarrah mette in luce un mondo di spionaggio e sovversione che persiste in segreto in Libano e che coinvolge civili e sembra uscito da un romanzo di John Le Carrè.
    Dalla sua casa nel villaggio di Bekaa, al-Jarrah si recava spesso in Siria e nel sud del Libano per fotografare strade e convogli che potessero essere usati da Hezbollah, la milizia sciita. Comunicava con i suio superiori grazie a un telefono satellitare, e riceveva grandi quantità di denaro e apparecchiature da spionaggio per le sue operazioni. Di quando in quando, con la scusa di un viaggio di lavoro, si recava in Belgio o in Italia, dove riceveva un passaporto israeliano e poteva recarsi in Israele per dei briefing dell'intelligence.
    Nel 2006, quando scoppiò la guerra tra Israele e Libano, ufficiali israeliani chiamarono Ali al-Jarrah per rassicurarlo che i bombardamenti avrebbero risparmiato il suo villaggio.
    Ma l'intelligence di Hezbollah, che al momento ha messo in piedi un apparato di spionaggio e controspionaggio in grado di controllare tutto il paese, è infine riuscita ad individuare al-Jarrah e ad arrestarlo. La sua prima moglie, che probabilmente era all'oscuro di tutta la faccenda (compreso il secondo matrimonio) ha denunciato di aver subito torture dagli inquirenti, e ai giornalisti è stato impedito di intervistarla.
    Il premier israeliano Olmert ha declinato ogni commento sul fatto.

    Fonte: New York Times

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