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    06/02/09

    Vista da lontano - Un piccolo Paradiso si batte per i migranti

    Di Barbie Nadeau (Newsweek)

    Ogni anno migliaia di turisti sbarcano nella piccola isola di Lampedusa, al largo della costa siciliana. Arrivano per le spiagge incontaminatel, le acque turchesi e le impressionanti scogliere. Quello che i turisti di solito non vedono è il cimitero delle barche. Al centro dei 24 km quadrati dell'isola, lontano dalla zona residenziale, i relitti delle barche vengono accatastati in un recinto, e ogni scafo è marcato con una data e le iniziali di chi ha salvato i passeggeri.
    Da anni i migranti arrivano a Lampedusa dalla Libia e da altre nazioni del Nord Africa con l'obiettivo di una vita migliore in Europa. Negli ultimi mesi, per le guerre, la fame e la crisi economica, questo numero è aumentato esponenzialmente. Dallo scorso febbraio, 36.000 barche - con un aumento del 75% rispetto all'anno precedente - sono sbarcate su questa piccola enclave. La scorsa settimana, più di 1800 sono stati rinchiusi in un edificio governativo costruito per ospitarne un massimo di 800. La situazione è talmente grave che i 6000 abitanti locali temono per il turismo. D'altronde, chi comprerebbe un biglietto per Guantanamo?
    Roma vuole infatti adottare la linea dura con gli immigrati. Il ministro degli Interni Roberto Maroni ha proposto di convertire una vecchia base militare dell'isola in un secondo centro di detenzione dove tutti coloro che non hanno i requisiti per l'asilo politico saranno rimaptriati direttamente da Lampedusa. Allo stesso tempo, intende aumentare il tempo di detenzione per chi chiede asilo da 60 giorni a 18 mesi.
    I residenti hanno protestato strenuamente, e il sindaco dell'isola Bernardino de Rubeis dice che la proposta è disumana perchè non prevede nessun piano per modernizzare gli edifici per accogliere gli immigrati. "E' inaccettabile, questo piano trasformerà Lampedusa nell'Alcatraz del Mediterraneo".
    Le proteste hanno raggiunto il culmine lo scorso 24 gennaio, quando circa 1000 immigrati sono usciti dai centri di detenzione e sono scesi in piazza a protestare con gli isolani. Dopo aver marciato mano nella mano, gli isolani hanno rifocillato gli immigrati e poi li hanno riaccompagnati nei centri di detenzione. [...]
    In un paese il cui governo è spesso accusato di razzismo, i Lampedusani sono sorprendentemente accoglienti. Vedono in prima persona la disperazione di chi fugge dalla fame, dalla guerra e dalle difficoltà economiche. Aiutare i rifugiati è diventato parte della cultura locale. Pietro Russo, capitano di un peschereccio che ha vinto una medaglia per il salvataggio di diverse barche di rifugiati, ricorda i nomi di molte delle persone che ha aiutato - e i volti delle due ragazze morte sotto i suoi occhi due anni fa "Rischiano tutto, anche le loro vite, per venire qui. Morire in mare è meglio della vita da cui fuggono".
    I rifugiati di solito vengono salvati dalla guardia costiera o dai pescherecci, oppure si schiantano contro gli scogli. Dopo lo sbarco, ricevono cure mediche e beni di conforto, poi vengono trasportati nel centro di identificazione. Dormono in cuccette, da 10 a 15 in una stessa stanza, i servizi igienici sono minimi e non ci sono aree per i bambini. Molti raccontano di sedativi messi di nascosto nel cibo, altri raccontano incredibili storie di abusi. Chi ha diritto all'asilo viene trasferito in Sicilia o sulla terraferma entro 60 giorni. Quelli che provengono da paesi con cui l'Italia ha accordi di rimpatrio vengono rimandati a casa, solitamente dopo un trasferimento nella penisola.
    Molti lampedusani temono che allungare le detenzioni a 18 mesi non porterà solo ad un affollamento dei centri, ma danneggerà il turismo portando instabilità sociale.
    L'isola è un'oasi marina per turisti benestanti, ma le notizie dei centri sovraffollati e degli sbarchi sta allontanando molte persone. Gli isolani sono solidali con i migranti, ma temono che un secondo centro di identificazione e una detenzione più lunga causerà rivolte "Se ci saranno 3 o 4000 persone nei centri e riusciranno ad evadere, ci sarà una guerra civile". E in molti stanno pensando di lasciare l'isola e cercare lavoro altrove. [...]

    Nessuno sa come evitare gli sbarchi. Ad agosto l'Italia ha firmato un accordo con la Libia che prevede uno stop alle partenze in cambio di investimenti italiani nelle ifnrastrutture libiche. Ma l'accordo non è ancora stato ratificato dal Parlamento italiano, e la Libia ha fatto capire di volere ancora altre concessioni. Ma anche se l'accordo verrà ratificato, non servirà a nulla secondo Laura Bodrini, portavoce dell'Alto commissariato ONU dei rifugiati "La Libia non ha un mandato per fermare fisicamente le imbarcazioni che partono. Non possono sparare e non possono speronarle. Che faranno, sventoleranno una bandiera?".

    © 2009 Newsweek

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