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    03/02/09

    Se gli stati vanno in bancarotta

    da Der Spiegel

    "C'è chi dice che gli Stati non possono andare in bancarotta. Peccato che non sia vero" ha detto pochi giorni fa il Cancelliere tedesco Angela Merkel davanti ad una platea di banchieri.
    Ovviamente ha ragione, gli stati vanno in bancarotta se permettono al loro deficit di spesa di andare fuori controllo, ed in questo senso il messaggio della Merkel, anche visto il particolare pubblico a cui era rivolto, può significare una cosa molto chiara: se i governi si spingono troppo in là nei piani per salvare le banche e le compagnie finanziarie, rischiano di diventare loro stessi insolventi.
    E finora i governi nazionali si sono spinti molto in là per cercare di rimediare alla crisi economica. Sia in Usa che in Europa, le somme che i singoli paesi hanno stanziato per evitare il collasso finanziario sono esorbitanti.
    Solo la Germania ha già fornito garanzie di credito per 42 miliardi di euro per evitare il collasso del Munich Hypo Real Estate, un pozzo senza fondo che probabilmente verrà nazionalizzato (finora non è successo solo perchè la legge limita il possesso di banche da parte dello Stato), mentre il secondo gruppo bancario del Paese, la Commerzbank, è stato salvato dall'intervento governativo.
    Le cose vanno peggio in Usa, dove secondo l'economista Nouriel Roubini le perdite finanziarie raggiungeranno la cifra di 3,6 trilioni di dollari. In Gran bretagna il governo ha parzialmente nazionalizzato la Banca di Scozia e Lloyds TSB, e secondo molti esperti la nazionalizzazione sarà inevitabile. Una mossa che fino a poco tempo fa sarebbe stata inconcepibile è ora vista come inevitabile, dal momento che il paese è davvero sull'orlo del disastro finanziario: il mercato immobiliare è inflazionato, il debito privato è ai massimi storici e il settore finanziario è stato pesantemente colpito dalla crisi. La sterlina, che un anno fa valeva 1,40€, ha ora raggiunto la parità con la moneta europea.
    E c'è chi parla della Gran Bretagna come della prossima Islanda, soprattutto ora che gli investitori si stanno allontanando.

    Non se la passa bene l'Italia, che sta per unirsi a un club esclusivo quanto indesiderabile: al 106% del Pil, l'Italia avrebbe il terzo definict nazionale più grande del mondo. In un paese di risparmiatori, questo in passato non è stato un problema, ma ora la fiducia negli investimenti è drasticamente calata. Nel 2008, Roma ha perso 220 miliardi di euro in obbligazioni a breve termine, e a dicembre il ministro del Welfare Sacconi ha messo in guardia sul fatto che l'Italia rischia la bancarotta se non sarà più in grado di vendere obbligazioni pubbliche a causa dell'eccesso di offerta in altri paesi "Creerebbe un problema di liquidità nel pagare pensioni e stipendi e faremmo la fine dell'Argentina".
    Le finanze sono comunque in uno stato pietoso nella maggior parte degli stati europei, secondo gli esperti solo quest'anno il deficit dei 16 paesi della zona-euro sarà al 4% del Pil, e l'anno prossimo salirà al 4,4%. Il patto di stabilità dell'euro prevede una soglia del 3%.
    La Commissione Europea stima che nel 2010 17 stati oltrepasseranno la soglia: tra questi la Germania (42,%), la Francia (5%), la Spagna (5,7%) e la Gran Bretagna (9%). L'Irlanda sarebbe in testa alla classifica con il 13%.
    Le cose non sembrano semplici soprattutto perchè tra gli stessi stati della zona euro non c'è concordia sulle misure da adottare: la Germania ad esempio è stata accusata di non aver dato spinte all'economia, e la Merkel è stata soprannominata "Madame No" da alcuni suoi colleghi, ma la Germania ha dimostrato di avere una visione sul lungo periodo, ed è preoccupata di non gravare le prossime generazioni con un debito molto più alto di quello attuale.

    © SPIEGEL ONLINE 2009

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